
The Bike Shed è un locale nel cuore di Shoreditch a Londra, punto di riferimento dei biker della city. É molto grande, ricavato sotto le arcate vittoriane della ferrovia in cui oltre alla grande sala con Cafè racer e motospecial ci sono anche un ristorante, un bar, un negozio e una barberia.
È un locale che, vista la mia passione per le due ruote, mi era stato consigliato di visitare durante uno dei miei viaggi a Londra. Ho così scoperto che, oltre ad essere la sede del Club motociclistico di Londra, è famoso soprattutto per un grande evento espositivo che si tiene tutti gli anni l’ultimo fine settimana di Maggio al Tobacco Dock, una costruzione del 1811 interamente in mattoni e ferro battuto nei Docklands, nella zona orientale di Londra. Non il solito capannone o la classica fiera quindi, ma una bellissima location con centinaia di visitatori. Il clima è poco “fieristico” e l’atmosfera rilassata e amichevole, grazie anche alla buona musica live, allo street food, alle proiezioni cinematografiche e alla presenza di barbieri e tatuatori…. Very cool!
Quello che era inizialmente nato come un piccolo expo, vanta ora numeri considerevoli (parliamo di circa 300 moto esposte) e sponsor del calibro di Triumph, Ducati, Yamaha, Indian Motorcycle, Royal Enfield, Dainese, Bell e Bremont.
Un dato che mi ha molto colpito (e inorgoglito!) è stato l’importante presenza di preparatori italiani. Proprio su di loro ho concentrato la mia attenzione.
Il primo italiano che ho avuto il grande piacere di conoscere è Rino Scala, fondatore dell’officina Cafè Ricycles di Napoli. Non è solo il primo italiano che incontro, ma è diventato presto il mio disponibilissimo Cicerone, che mi ha presentato la maggior parte dei preparatori italiani presenti. Rino è uno dei customizzatori scelti per partecipare alla Sultans of Sprint, una gara di accelerazione tra le più importanti e prestigiose d’Europa che premia i rider anche per la loro originalità e stile. La moto presentata da Rino, non solo realizzata ma anche guidata da lui per la Sultans of Sprint, è un mezzo preparato su base BMW R850 e sovralimentato con compressore volumetrico, completamente rivoluzionata, costruita solo per correre, con telaio rigido, guida esclusivamente manuale, nessun comando a pedale! Come inizio, devo dire, non c’è male, anche perché Rino è uno dei pochi che per la Sultan guida la moto che costruisce.
Lì accanto si trova la Superhero di Daniele Ghiselli costruita su base Ducati Monster S2R 1000 da South Garage per la freak class della Sultans of Sprint. La moto è completamente e splendidamente rivisitata, forcelle girder e forcellone posteriore allungato. Se non avessi letto Monster sulla targhetta non ne avrei mai intuito la derivazione, giuro!

Donna fortunata: alla mia destra Daniele Ghiselli, alla mia sinistra Rino Scala.
In tema di Sultan of Sprint, i miei occhi sono caduti su Appaloosa, una moto costruita da Brice Hennebert del Workhorse Speedshop, in occasione del centesimo anniversario della Indian Scout, che l’ha commissionata. Il serbatoio originale è stato tagliato, è stato fabbricato un secondo telaio per supportare il pilota in accelerazione, il manubrio è stato ribassato e i comandi a pedale, in stile drag, adattati per una guida in avanti che potesse mantenere il peso sulla ruota anteriore. Il forcellone è stato progettato e saldato per una migliore trazione, l’ammortizzatore di sterzo garantisce una maggiore stabilità e il sistema di scarico in titanio garantisce la massima potenza, che è stata portata a 130 cv. Anche il peso è stato ridotto, per poter garantire una performance ancora più elevata. Guardare questa moto, o meglio, questo strano mostro performante, è uno spettacolo che strappa un sorriso se la si osserva di fronte, con la sua buffa bocca spalancata e sorpresa!
Lucente la Guzzi V7 700 Special interamente ricostruita, dalla ciclistica alla carrozzeria, in alluminio e battuta a mano da Filippo Barbacane, di Officine Rossopuro. Mi ha affascinato ed emozionato il nome, Tabula Rasa, perché nasce da una moto abbandonata, ridotta a un rottame, e trasformata in un capolavoro. Quando da un relitto, da un oggetto senza speranza, rinasce qualcosa di bello, vuol dire che c’è dietro una storia interessante da ascoltare e vivere, ma purtroppo non ho avuto il tempo e il piacere di ascoltarla questa storia (per ora!).
Presente anche Plan B Motorcycles, di Christian Moretti. Tre lunghi anni per terminare la sua Flying 57 su base Bianchi Tonale. Christian mi racconta come la richiesta che gli era stata fatta era di costruire un grosso motore Rotax dentro un piccolo telaio: “la cosa più pericolosa possibile”… io ho riso, lui meno! Del telaio originale della Bianchi del ’57 non è rimasto praticamente nulla. Ogni pezzo è stato totalmente e artigianalmente costruito da zero, gli ammortizzatori posteriori sono stati spostati in avanti per equilibrare il peso al centro, il tutto cercando l’incontro tra il mondo offroad e racing. Il risultato è una linea semplice, ma di quella semplicitá delle opere d’arte che nascondono un grande lavoro fatto con testardaggine devozione.
Plan B Motorcycles presenta anche la 512 M, su base Benelli 354 Quattro. Finita due anni fa (la vidi già infatti a East Eicma 2017), è un tributo alla Ferrari 512M Endurance proiettata, ovviamente, nel mondo delle due ruote, per celebrare la prima volta in cui una macchina da corsa è stata anche molto ben curata esteticamente. Me la presentano come una celebrazione del passato attraverso una sperimentazione di nuove linee e forme. Quando il presente e il futuro appoggiano su un grande passato prendendone il meglio, non puó che nascere qualcosa di buono!
Di forte impatto l’Oceanblu NSU 500SSR Franz Langer Tribute. Pochi, essenziali e semplici segmenti metallici, una moto totalmente costruita su misura, dal telaio al motore, dalle forcelle al serbatoio, interamente disegnata e assemblata in ben due anni di lavoro da Samuele Reali di Abnormal Cycles. Alcuni dettagli non possono passare inosservati, come le pennellate dorate realizzate minuziosamente a mano da Arianna Crippa.
Maurizio Carraro, di Imbarcadero14 Venice espone una Honda SLR 650 Vigor. La moto unisce due icone della Honda, la Monkey nella parte inferiore, e una Honda Cup nella parte superiore in alluminio. Partendo dal motore di un Dominator verniciato di nero, sono state totalmente rifatte le forcelle, l’avantreno e l’impianto frenante. Appeal dorato e lucente come la personalità di Maurizio, chiacchierone come me, con cui mi intrattengo un po’ di più a parlare della comune passione per le due ruote.
Tra le italianissime, non poteva di certo mancare uno spazio dedicato alla Scrambler Ducati. Presente una Scrambler 1100 progettata e costruita da Anthony Partridge di Partridge Design per la serie TV Goblin Works Garage di Discovery Channel. La moto è stata riprogettata e ricostruita per essere più leggera e agile. Anche la sella è stata modificata con uno stile più da supermotard, il parafango anteriore è più corto e aggressivo, il forcellone è stato sostituito con uno più leggero in alluminio lavorato a mano da GIA Engineering.
Allo stand della Scrambler ho avuto il piacere di incontrare il più giovane globetrotter del mondo, Henry Crew, un 22enne che in sella sua Ducati Scrambler Desert Sled ha compiuto il giro del mondo. Il suo viaggio, oltre ad essere una grande avventura personale, è un messaggio di solidarietà perchè è servito a raccogliere fondi e promuovere l’operato della fondazione Movember, che finanzia ricerche innovative per la prevenzione del tumore della prostata, del tumore del testicolo, della salute mentale precaria e dei suicidi.
Mi sono avvicinata per conoscerlo personalmente e fargli qualche domanda. Nonostante la confusione e la gente in fila per un selfie, Henry, gentilissimo e molto disponibile, mi concede quale minuto per raccontarmi di come la Desert sia stata un compagno di viaggio estremamente versatile, in grado di affrontare ogni tipo di terreno (dall’autostrada ai percorsi off-road) e di clima, passando dalle strade più alte del mondo, con temperature a -7°, fino a spiagge, deserti, montagne e foreste pluviali a 52°. Il peso contenuto della moto ha permesso di gestire anche le inevitabili cadute che ci sono state durante la sua avventura, non creando problemi nel rialzarla in autonomia e senza riscontrare problemi o danni tali da impedire di proseguire il viaggio.
P.S. Confermo, anche a me è caduta una Desert e sono riuscita a rialzarla da sola.
Oltre agli italiani citati, sono stata attratta dalla moto di Tomàs Da Costa Lima, di Lisbona. La particolarità di questo mezzo, su base Yamaha Scrambler XSR 700, è la sensazione di una intuizione estetica racchiusa in una “semplice” linea armonica che incorpora un discreto scarico laterale e una luce posteriore in acrilico. Lui stesso mi mostra il bozzetto originale, una S orizzontale da cui poi tutto ha avuto inizio. Tomàs mi confida di aver preso spunto dall’armonia del corpo femminile (il sangue latino non mente!)
La Royal Enfield presenta tre moto, tra cui la continental GT dal designer del gruppo Adrian Sellers. Moto ridotta all’osso, come ci ha detto Adrian. Ammetto, non mi ha particolarmente colpita per originalità, se non per un particolare: la soluzione per l’airbox qui ben visibile e integrata del disegno.
Inaspettata la presenza di una moto elettrica prodotta dall’azienda Belga Sarolea Motorcycles. La moto è totalmente in carbonio, sviluppa oltre 160 cv. Come ci ha detto Philippe Stella del team Sarolea “niente cambio, solo gas”. Dotata di intelligenza artificiale, questo mezzo si accorge se il pilota è stanco e calibra la velocità in base al battito cardiaco. Accanto alla moto era presenta anche un prodotto curioso: un tailleur da uomo, con tanto di giacca e cravatta, con protezioni incorporate. In questo caso, sia per quel che riguarda la moto che l’abbigliamento, de gustibus non disputandum est, ma la curiosità va sempre alimentata e lo sguardo ampliato anche se… toglietemi tutto, ma non il gusto di combattere marcia dopo marcia con la mia rumorosa moto!
La mia visita è stata piacevole, buona l’organizzazione, ma soprattutto gradevole il clima. Addetti del settore, semplici appassionati e visitatori inesperti si sono mescolati al suono di tanto buon rock in stile Bike Shed! Devo dire che, a parte qualche customizzatore un pó svogliato o qualcun altro visibilmente alticcio già alle 14,00, quasi tutti sono stati estremamente disponibili e cordiali nel presentarmi le loro creature con orgoglio e dovizia di particolari.
Bikeshed London, spero di rivederci il prossimo anno!