A pochi km da casa mia, a Tolentino, vive e lavora Francesco Bellesi, in arte Kentauros. Avevo sentito parlare da tempo di lui, poi ho avuto l’occasione di condividerci il viaggio in macchina per Eicma 2017 ed è nata una bella amicizia, con radici salde di stima e affetto. Chi è Francesco? E Kentauros? Francesco è un graphic designer e Kentauros un laboratorio di progettazione, design, grafica, illustrazione e contenuti a tema motociclistico. I suoi clienti spaziano dai preparatori professionisti al singolo privato che desidera una moto personalizzata. La cosa che di lui mi è piaciuta subito è il nome, soprattutto perché io ho letto e amato un libro che si chiama proprio Kentauros di Ivan Battista, psicoterapeuta, saggista, scrittore e docente di Psicologia clinica.

Il sottotitolo del libro è “istinto e ragione nella psicologia del motociclista”. E’ proprio il binomio istinto e ragione ad avermi catturato. E’ una lettura che consiglio caldamente perché va a fondo delle reali ragioni emotive, sociali e psicologiche per cui per qualcuno il motociclismo è una passione viscerale e vitale. Penso che l’amicizia con Francesco sia nata perché abbiamo intuito abbastanza velocemente che la nostra passione per la moto aveva una stessa forma irrazionale eppure consapevole, tanto profonda e intima quanto vivace. Ora però voglio dare a lui la parola.
Ho già accennato qualcosa ma vorrei che fossi tu a dirmi chi è Francesco e chi è Kentauros?
Kentauros sta a Francesco come Paperinik sta a Paperino, o se preferisci come Superman sta a Clark Kent. Mi permette di esprimere la passione per le moto senza condizionamenti, sia che faccia un disegno, scriva un testo o costruisca una moto. A volte mi piace giocarci come fosse un brand, forse per deformazione professionale, ma almeno per il momento non lo è.
Come nasce la tua passione per le due ruote?
Da piccolo ero appassionato di auto, giocavo con le automobiline e passavo ore nella macchina di mio padre a far finta di guidare, spernacchiando per simulare marmitte sportive e motori da corsa. Le automobiline me le disegnavo di carta e le ritagliavo, così potevo averne quante volevo e modificarle a piacere. A 8 anni disegnavo biciclette e spedivo i disegni alle ditte costruttrici, premettendo che se ne avessero realizzata una, come compenso ne avrei voluto un esemplare in regalo. Le due ruote a motore a casa erano tabù, nonostante mia madre avesse un Benelli 50 nascosto in garage. Iniziai a prenderlo di nascosto, e a 14 anni finalmente diventò sinonimo di autonomia e libertà, come per tutti quelli della mia generazione. Da quel momento posso dire che l’amore per le moto ha superato quello per le auto.






Chi sono i tuoi clienti e cosa vogliono da te?
Officine e customizer che desiderano una rappresentazione realistica della special che il loro cliente gli ha chiesto, ma anche semplici appassionati che apprezzano i miei rendering e ne vogliono uno per i loro progetti da realizzare. C’è chi mi chiede di tradurre in immagini le idee che ha in testa, e chi preferisce lasciarmi più libertà per avere proposte diverse. In genere le moto dei miei bozzetti sono costruite da altri, ma capita che ogni tanto ne faccia una anche io, sempre con l’aiuto prezioso di un meccanico esperto.
Come nasce una tua creazione? Cosa ti ispira?
Non mi sono mai potuto permettere di dedicare tanto tempo al progetto di una moto, come invece mi piacerebbe fare. Quindi ho dovuto allenare la mente a cogliere le idee al volo, sfruttare ogni stimolo e cercare spunti nel quotidiano. Guardo poco quello che fanno gli altri, preferisco cercare ispirazione altrove, anche nel ricco patrimonio storico che abbiamo a disposizione. Nei bozzetti su commissione, mi piace cercare di capire chi ho davanti, come e perché desidera una moto personalizzata.




Come nasce la tua collaborazione per Ferro Magazine?
Per me è interessante tutto ciò che mi consente di esprimere la passione per i motori. Ho una particolare predilezione per la carta stampata, ho mosso i primi passi nel mondo del lavoro come grafico editoriale e contemporaneamente, ero ancora all’università, a scrivere per dei periodici. Con il passare del tempo il mio lavoro si è spostato più sulla grafica pubblicitaria e il design di prodotto. Poi è arrivato internet e i social; solo qualche anno fa ho iniziato a pubblicare i miei bozzetti di moto su Facebook. Fui contattato da una rivista che voleva scrivere di me e dei miei rendering, ma di lì a poco la testata cessò improvvisamente la pubblicazione. Dalle sue ceneri, poco dopo nacque Ferro e il direttore, Fabio Cormio, si ricordò di me e mi ricontattò. Ne approfittai per proporgli una rubrica, Kickass, in cui raccontare brevemente i primi passi nel mondo delle special di customizer più o meno noti, ma anche di semplici appassionati. L’idea piacque e ormai siamo alla 39a puntata di quella rubrica, che curo fin dal primo numero. In seguito Fabio mi ha affidato anche un’altra paginetta, chiamata Pixel di Ferro, in cui pubblico bozzetti di moto creati apposta per Ferro

Puoi definirti un “artigiano evoluto”?
Non tanto, direi. Se da un lato mi piace studiare il passato e tenermi aggiornato sulle novità e tendenze future, dall’altro tendo a limitare l’uso delle tecnologie e degli strumenti a ciò che mi consente di esprimermi meglio. Avrei voluto approfondire il 3D e lo studio dei materiali, imparare a saldare bene, verniciare, etc… Ma con il tempo che ho a disposizione non potrei raggiungere una padronanza sufficiente di tutto ciò, quindi devo fare delle scelte. Dedicarmi alle special mi ha comunque permesso di conoscere decine di artigiani evoluti, e collaborare con loro è un continuo arricchimento umano e professionale.
Nel tuo logo vedo una chiave inglese e una matita. Fin lì ci arrivo. Ma il casco del logo è più un elmetto spartano. Perchè?
Ogni motociclista esegue dei gesti rituali che mi piace pensare siano derivati da una sorta di imprinting del passato; chiudere la visiera prima di ingranare la marcia e partire, ad esempio, mi ha sempre ricordato il guerriero che chiude l’elmetto prima di lanciarsi in battaglia. Al di là di questo, Kentauros sta per centauro, figura metà uomo – metà cavallo presa dalla mitologia greca. Stilizzare il casco da motociclista in modo da ricordare l’elmetto spartano serve a dare una sorta di connotazione greca al nome, ma anche a rappresentare quello che è un po’ il mio proposito, cioè contaminare il design classico con il moderno e viceversa.

Grazie Francesco, ora puoi darmi tutte le chiavi di tutte le moto della tua officina che le devo provare 🙂
Ok, ma tu dammi le chiavi della tua moto, così te la trasformo un po’ 😉













