Scrivere di questo argomento è difficilissimo, non certo la cosa più difficile mai fatta, ma ho un numero elevatissimo di voci interne che mi dicono che farà male, e una sola flebile che mi suggerisce potrebbe essere utile, catartica.

L’altro giorno scorrevo il mio Instagram e ho visto la storia di Marinaccio

oggi sono 4 anni che mi sono operato al braccio. É tanto? É poco? bo

Rispondo alla sua storia e comincia una breve conversazione in cui parliamo di rivivere certi momenti, superarli, esorcizzarli. Lui lo ha fatto con il fumetto. Il mio strumento è sempre stata la scrittura ma in questo caso, gli dico, non ci riesco a riviverlo così.

Mi dice:

…riviverlo non è come viverlo. È viverlo meno l’averlo già vissuto. È come con la moto, sai quando hai fatto una giornata di curve perfette e la sera rivivi quella sensazione. Non è come viverla. E questo vale anche per le cose brutte

Esempio chiarissimo” 

Beh con te giocavo facile

Qualcosa si è smosso, forse merito della moto che come sempre alla fine c’entra sempre 🙂 .

Ho sviscerato mille volte raccontando, piangendo, urlando e bevendo tutta la mia storia. L’ho spiegata in tante di quelle occasioni che sembra assurdo ancora io abbia bisogno di tirare fuori dal sacco.

Gli anni precedenti al 2019 sono un vecchio libro, ricordi di un film visto tempo fa in cui la protagonista non sono io. Eppure ero io, così lontana da casa, così sbiadita…

Tante sono le cose che nel 2019 mi hanno stravolta, come quando prendi una borsa, la capovolgi, tiri fuori la fodera interna e lasci che tutti i rimasugli di tabacco, le carte di caramelle e la polvere scendano nel bidone. Ecco, nella mia borsa non ci sono più briciole, ma rimane il ricordo.

Ne voglio affrontare uno, solo uno…oggi almeno uno alla volta.

Un giorno di Luglio ero appena tornata dall’ufficio, ero nel mio piccolo accogliente monolocale, ero nuda perché stavo per cambiarmi, mettermi la tuta ed andare in palestra.

Nuda, completamente, come non ero stata mai prima perchè in quel momento mi arriva una telefonata dalla mia ginecologa. Mi dice che nel mio pap test c’erano delle anomalie. Risultava esserci una cosa che non avevo mai sentito prima, un certo H-SIL.

Mentre sto scrivendo, in questo istante, mi gira la testa, ho una sensazione di freddo e nausea e le mani mi sudano.

Le chiedo che diamine sia ma lei è evasiva

dottoressa, la prego, sia chiara, perchè altrimenti lo cerco su google e lei sa che non è una buona idea”.

Lei mi dice che non ha abbastanza informazioni, che potrebbe essere una cosa senza nessuna conseguenza o un tumore, non può saperlo ma mi dice che devo fare subito un esame, anche quello mai sentito in vita mia, una colposcopia.

Chiudo la telefonata. Sono nuda, seduta sul letto, confusa. Non ho un medico di base nella mia città, ne ho una una dove abitavo prima e che neanche mi piaceva, vecchia storia, lasciamo perdere. 

Chiamo immediatamente mio fratello. Non so bene perchè ho scelto lui, subito, senza pensare. Ma ho voluto subito Daniele.

Gli spiego tremante e velocemente che cosa è appena successo, lui mi calma e mi dice cosa fare. Io mi vesto velocemente, vado alla asl, cambio il medico di base, scegliendo quella consigliatami da lui, che è poi la dottoressa di mia madre.
Corro da lei. Tutto succede nell’arco di un’ora o poco più.

Entro nello studio della dottoressa. Comincio a piangere, lei mi guarda tipo “e questa chi cazzo è?”. Le dico di chi sono figlia, che cosa mi ha detto la ginecologa etc. Non ricordo bene che cosa mi abbia detto, so solo che un sacco di medici erano in ferie non sapevo dove sbattere la testa.

Vuoto.

Qualche giorno dopo con la mia amica Eleonora mi trovo all’ospedale di Macerata a fare sta cazzo di colposcopia con un medico la cui caratteristica principale era la totale mancanza di tatto e di chiarezza.

La visita comincia, fastidiosamente. La mia amica è nella stanza, davanti a me. Io inizio a sentirmi male, divento pallida, sudo, ho la nausea. Il medico mi dice di stare calma, con la dolcezza di un rinoceronte. 

ok dobbiamo fare una biopsia

Preleva qualcosa da lì dentro e mi dice che devo aspettare il referto. Lo inondo di domande 

tanto signorina qualsiasi cosa le dica lei non capirebbe, deve aspettare”.

Forse l’ho mandato affanculo, non ricordo.

Eleonora mi porta a mangiare qualcosa, scherziamo sull’accaduto, su lei che mi vede qualsiasi cosa stando davanti a me durante la visita, mi prende in giro per la mia reazione.

Vuoto.

Nel frattempo io faccio cose, vedo gente…facendo finta di niente

Passa un mese, il mio referto non arriva, è agosto, tutti in ferie.

Io parto una settimana con due mie amiche. Andiamo in Grecia, una vacanza meravigliosa! Non penso a quello che è successo, lo racconto ma non ci penso, tanto posso solo aspettare.

Torno dalla vacanza, ricomincio a lavorare. Il referto ancora non arriva.

Prendo la macchina e vado all’ospedale di Macerata, parlo con chiunque, fermo qualsiasi persona abbia un camice. Alla fine becco un ragazzo che mi dice che a quell’ora oramai non c’è più nessuno. Non so cosa io gli abbia detto, forse non ho parlato affatto ma solo guardato, disperata, vuota.

va bene signorina, ma non dica a nessuno quello che sto per fare

Prende una chiave, entra in una stanza ed esce con una busta che mi consegna. Mi manda via chiedendomi di nuovo discrezione.

Mentre esco apro tremante la busta…

Cosa diamine c’è scritto? Cosa sono tutte queste parole, cosa significa? Non sembravano comunque belle notizie… parole come “lesione” “alto grado”…non ricordo. Potrei cercare quel referto ora ma no, vi prego, non ce la faccio.

Entro in macchina e chiamo la ginecologa: “ti devi operare subito

ok, ora è chiaro. E’ un tumore al collo dell’utero.

E’ giunto il momento di parlare coi miei genitori. 

Vado a casa loro, faccio mettere mia madre seduta e confusamente le spiego la cosa.
Confusamente perchè nessuno aveva ancora mai usato la parola “tumore”. Nessuno. Neanche io.

Una serie di telefonate più tardi, ho appuntamento con chi mi avrebbe operato, una chirurga preceduta dalla sua fama: la più brava, ma la più stronza.

Ok, ero destinata a farmela vedere e toccare solo da stronzi, a quanto pare.

Vado da lei, mi spiega più o meno la gravità della situazione

“signora però adesso non pianga

io piango quanto cazzo mi pare

che caratterino!

le avrei dato una testata.

Mi prenotano il preoperatorio.

Il giorno dopo in ufficio scende Silvia “tutto ok alla fine quella cosa vero?“. Il mio sguardo le ha risposto. “Federica (la mia responsabile) possiamo parlare? Credo mancherò un paio di giorni

Arriva il preoperatorio, faccio tutto. Dopo pochi giorni devo andare ad operarmi perchè “signorina, quella cosa non può rimanere lì dentro un giorno di più

Peccato siano passati 3 mesi dal referto del pap test…

In preda alla confusione dico pure alla mia responsabile che mi sarei portata il PC in ospedale per lavorare e lei mi rimprovera “a che serve sto stacanovismo?”. Io corro in bagno e piango…di nuovo.

Arriva il giorno dell’operazione e mia mamma è con me.

Come sempre facciamo in occasioni tragiche, usiamo l’ironia.

Come ogni madre che si rispetti, mi aveva accompagnato il giorno prima a comprare mutande adatte (grosse, tipo da nonna) e una camicia da notte che io, sempre in preda all’ironia, ho scelto con le maniche leopardate.

Sono la prima ad operarmi. 

Mi spogliano, mi mettono sul lettino, la cuffietta in testa e portano il letto con me sopra fuori dalla mia stanza verso l’ascensore. Mia madre è lì fuori dalla stanza che vede uscire il letto. Mi guarda, mi mette la mano sulla fronte e mi bacia “ci vediamo dopo, Lucy” e mi vede entrare nell’ascensore, ha gli occhi lucidi.

Quella stessa, identica, tremenda scena era accaduta pochi mesi fa, uguale ma a parti invertite. Mia madre solo 6 mesi prima si era tolta un tumore alla vescica e c’ero io con lei in ospedale. Io l’ho portata lì, io l’ho sistemata in camera, io l’ho vista uscire sul lettino con la cuffietta in testa e andare verso l’ascensore, io l’ho accarezzata e baciata “ci vediamo dopo, mamma

La stessa scena. Potente come un pugno allo stomaco.

Sapevo esattamente cosa avrebbe provato nelle ore successive, quanto lunga sarebbe stata quell’attesa, quanti pensieri avrebbero stravolto la sua mente, quante ipotesi tragiche in testa.

Mi dispiaceva così tanto per lei, io alla fine avrei dormito, lei avrebbe atteso per così tanto tempo il mio ritorno.

Mi portano in un lungo corridoio freddo, un’infermiera mi prende la mano e comincia ad inserire aghi. Intuisco la grandezza dell’ago dal fatto che un’altra infermiera cerca di distrarmi. “E’ enorme quel coso, vero? Per questo mi fai parlare?” “sei sveglia tu

Entro nella sala operatoria. La chirurga stronza è lì che mi aspetta col suo camice e la sua cuffietta, con le mani sui fianchi “dio mio sta per operarmi Mussolini

Con lei un ragazzo giovane, credo una specie di tirocinante

Che vergogna, sta per vedermela anche lui!

vuoi essere sedata? O vuoi essere vigile durante l’intervento?

per favore sedatemi, non scherziamo!

Le infermiere mi tirano su, e un’altra mi smanetta la schiena.

La solita infermiera attacca a distrarmi “sta per farmi male, vero?” “si

Credo mi abbiano fatto una epidurale, non so, ma che cazzo di dolore quella puntura sulla schiena. Quel dolore in quel punto esatto della schiena mi è rimasto per mesi! Mesi!

Ho cominciato a sentirmi intontita e ad addormentarmi. L’ultimo ricordo sono due infermiere che mi prendono le gambe e me le mettono su un poggia coso, non so come si chiama, per far in modo che siano divaricate. Mi addormento.

Da lì per me è passato un secondo, e mi sono ritrovata subito fuori dalla sala operatoria con la chirurga che dice 

ho tolto tutto eh” 

oh tutto cosa?!” 

tutta la lesione” di nuovo, nessuno usa la parola tumore 

era bella grossa eh, bella estesa, ma l’ho tolta tutta” 

ah ma quindi tutto ok?” 

non ho detto questo, adesso la analizziamo

Avrei dovuto quindi aspettare un altro referto.

Torno in camera. Ecco mia mamma che inonda di domande chiunque ma ovviamente non ha nessuna delle risposte che voleva. La chirurga all’ennesima domanda, spara un “signora, non ce l’ha solo sua figlia”; per fortuna ero ancora rincojonita, altrimenti forse le avrei tirato la flebo.

Nella mia camera c’erano due donne che avevano appena partorito. Una di loro aveva dato alla luce una scimmia urlatrice…”fatela smettere di piangere, vi prego

L’effetto della sedazione svanisce e i dolori si svegliano.

Mio dio che dolore, che dolore.

Comincio a piangere, mia mamma mi accarezza.

La sera mi dicono che posso andare a casa se voglio. 

ovvio, portatemi via di qua

Mia mamma mi chiede di andare a casa sua, ma io  voglio solo andare nel mio monolocale, da sola.

Mi porta a casa, insiste un altro po’, ma io voglio stare da sola.

Il giorno dopo viene a trovarmi Eleonora e proviamo ad uscire un po’. Vado a farmi rimettere il septum (quando ti operi devi togliere tutti gli orecchini). Nel tattoo shop guardo uno dei tatuatori e gli chiedo se ha 10 minuti. Ce li aveva, e io mi sono fatta un tatuaggio.

Ora mi aspettavano circa 40 giorni di attesa, dolori, e continue perdite di sangue, ma mi vestivo più figa che potevo e uscivo facendo di tutto per capire che avevo già vinto, qualsiasi sarebbe stato il referto. Ero veramente pronta a tutto, adrenalicamente pronta ad affrontare qualsiasi conseguenza, anche la chemio, anche altre operazioni.

Avevo tutte le indicazioni del caso, sapevo cosa dovevo e potevo fare e non fare, sapevo delle perdite, che sono durate 40 cazzo di giorni consecutivi.

Mi sono operata di giovedì, venerdì mi sono tatuata, domenica è morta mia nonna senza sapere nulla di quello che stava succedendo. Il funerale è stato un via vai di amici e parenti che invece sapevano e piangevano, mi abbracciavano increduli.

Il giorno dopo il funerale di nonna Maria, sono andata a Milano per lavoro. 

A Milano vado a cena con un conoscente. “ehi come stai?” “…da dove comincio” ma a lui non interessava veramente.

Passano i giorni, continuo ad avere perdite.

Riparto di nuovo per lavoro. Mi metto un bel vestito giallo, prendo la macchina aziendale e vado a Borgo Panigale, in Ducati per un evento.

Partecipo all’evento, riprendo la macchina e con il mio capo andiamo a Milano per un altro evento il giorno dopo.

stasera Lucia se vuoi andiamo a mangiare qualcosa insieme” 

certo Franco

arrivo in hotel, mi cambio e andiamo a cena. 

Durante la cena sento i miei jeans bagnarsi completamente.
Dopo cena torno in camera, mi levo i jeans…un bagno di sangue. evidentemente mi era caduta la cicatrice. Ho passato le ore successive a lavare quei jeans e ad asciugarli con il mini phon dell’hotel.

Passano i giorni e ancora nulla.

Quel periodo ero sempre in viaggio per lavoro e temevo che questo dannato referto sarebbe arrivato mentre ero fuori, quindi compilo una delega per mia madre.

CVD: sono in fiera a Milano e vedo il telefono squillare.

“salve, solo la caposala è arrivato il referto

chiamo subito mia madre che vola in ospedale.

Aspetto.

Il telefono squilla, è mamma. Rispondo. Piange, non capisco una parola

tutto ok Lucia, non ci sono metastasi, tutto ok, stai bene, Lucia stai bene

Io chiudo il telefono, saluto cordialmente i clienti con cui stavo parlando, mi chiudo in una stanza e piango.

Piango senza respiro.

Ero con un paio di colleghi, Guido e Mirco che mi abbracciano e baciano commossi e contenti.

Per i successivi due anni avrei dovuto fare pap test e colposcopia ogni 6 mesi.

Qualche mese dopo è arrivato il covid.

Quando mia madre ha ritirato il referto, le è stato detto che se non mi fossi accorta in tempo, non sarebbero andate così le cose. Le hanno detto che sarebbero bastati pochi mesi di differenza. 

Pochi mesi di differenza.

Poi è arrivato il covid.

Non me ne sarei mai accorta in tempo.

Ora sto bene. Non ho fatto chemio, nè ulteriori operazioni. Sono stata graziata. La mia storia non è tragica come tante altre.

Ora sto bene.

Sto bene. 

Sono sopravvissuta, non solo a questo male. 

L’amore della mia vita si chiama Marco. 

Marco mi dice “Sono sopraffatto da felicità perché so la finale: sei sopravvissuta a tutto

Sì, amore mio, sono sopravvissuta a tutto. E non sono solo viva, sono STRA VIVA, grata, commossa.

Non sono felice perchè come un guru mental coach dico che la vita è una, bisogno essere grati etc etc

Non sono felice, sono consapevole, che è molto meglio, perché più vero.

La settimana dopo aver ricevuto il referto, sono andata in concessionaria e ho comprato una Kawasaki Z900 nuova di zecca, perché usata te la compri te, io ho avuto un cazzo di cancro e me la compro nuova.